21 SETTEMBRE 2001

STAMPA

 

Grazie alla Commissione Pari Opportunità per aver dato questa occasione alle vittime della malattia di Alzheimer. Grazie al Ministro, al sottosegretario Guidi, al professor Carbonin, alla Fed. Naz. della Stampa e a Farmindustria.
Se sono tutti qui vuol dire che sanno.
Non ringrazio invece il Censis e Icon Intermatrix perché li so "dalla mia parte", e lascio a loro la responsabilità dei "numeri".
Da 16 anni, da quando è nata AIMA, il mio incubo è la richiesta: "Mi dà un po' di numeri? (Sa… è per inquadrare il problema…)". I giornalisti, la scienza, le istituzioni, la politica, l'economia, la programmazione, tutti vogliono i numeri. E così i guai dell'Alzheimer diventano ancora più gravi, perché l'invisibilità è difficile da misurare, da quantificare. Perché il non conosciuto, il non emerso.... come lo conti? Come lo racconti coi numeri?
E io, io che rappresento il dolore e i sentimenti, i diritti e le offese, spesso mi sono sentita poco creduta e (quasi) poco credibile perché.... non davo i numeri. O non li davo con sufficiente "scientificità". Come se il dolore fosse più dolore con i numeri più grandi.
Ma, oggi, c'è qualcun altro che ha questa responsabilità; e poi io so che le persone che sono qui oggi "sanno"…
Posso parlare per quello che mi compete: sono un familiare.
Posso raccontare quello che so: il dolore, la disperazione, lo sperdimento, l'angoscia, la rabbia, la fatica, le spese, le rinunce, i sacrifici, i fallimenti, i sensi di colpa, i lutti...
Posso raccontare la mia storia, 16 anni di malattia della mia mamma, (ammalata a 54 anni), e la mia vita sconvolta.
Posso raccontare la storia del papà di Federico, che si è sparato perché non è riuscito ad accettare la malattia della moglie.
O quella di Antonia, 55 anni, disperata non tanto perché doveva morire, ma perché non sapeva a chi affidare il marito malato di Alzheimer e il figlio 17enne.
Di Cristina, 19enne, insidiata dal padre, che la scambia per la sua fidanzata di 40 anni fa.
Di Teresa, handicap grave che deve accudire la mamma che si è sempre presa cura di lei.
Di Mariuccia che è finita in ospedale per le botte del marito.
Di Caterina che ha avuto lo sfratto perché la mamma urla di notte.
Di Giuliana, medico, che vuole suicidarsi perché ha capito di avere l'Alzheimer.
Di Stefano 20 anni che si strugge a vedere la disperazione della mamma e la malattia del padre, e lui non può nemmeno più studiare perché non ci sono più soldi.
Potrei continuare per ore, alternando storie eccezionali a storie ordinarie, di "banale" disperazione quotidiana. Centinaia e centinaia di migliaia di vite, e nomi, con il comune denominatore dell'angoscia, della fatica, del peso, della responsabilità, della solitudine, del disorientamento....
Non mi importa nulla (scusatemi la franchezza) che: "oggi la situazione è migliorata! più conoscenze, più sensibilità, più competenza..."
Non mi importa nulla, oppure non mi basta, che 50.000 persone trovino la competenza per la diagnosi, se altrettante o il doppio o la metà, non l'avranno forse mai.
Non mi importa che 30.000 persone ricevano i farmaci gratis, se altrettante o forse più, oppure la metà, non ci arriveranno mai in tempo utile.
Non mi importa se buona parte riceve l'indennità di accompagnamento, fintantoche a tanti viene rifiutata perché camminano o sono in grado di dire il proprio nome.
Non mi importa che 1.000 o 5.000 o 20.000 abbiano il danaro per pagarsi le medicine, l'assistente, il centro diurno, il ricovero di sollievo…
Fino a quando l'ultimo malato del più sperduto paesino dell'interno e i suoi familiari non avranno quello che è necessario, mi sentirete, con rabbia, protestare e pretendere.
Non l'ho fatto per mia madre, ma ho il coraggio di farlo per tutti gli altri.
So che se siete qui è perché "sapete", e so che l'ospitalità della Commissione Pari Opportunità è un'assunzione di responsabilità importante (del resto a noi donne ci viene "bene" di farci carico!!!).
Ma oggi 21 settembre 2001 dopo parole e promesse, dopo tanti piccoli (troppo piccoli) passi, non è più tempo di racconti, di giustificazioni, di recriminazioni, o ancora di promesse.
Bisogna fare: dare risposte, concrete e urgenti alle famiglie che attendono e che, come me, non hanno più pazienza.

Patrizia Spadin


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